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                     Libri scritti da Arrigo Muscio             Lettera di un bambino
  abortito alla madre     La catechesi di satana
  durante un recente caso di esorcismo      | 
  
   L’identità sessuale maschile: un incontro con
  Joseph  Nicolosi, presidente NARTH   5 giugno  2003,
  teatro Silvestrianum Milano, Italia.     Sintesi della  prima
  parte della presentazione a cura della dott. Chiara Atzori     Alcuni di voi ascoltatori sono operatori altri genitori,
  giovani, educatori. Alcuni vivono con problemi di omosessualità personali,
  altri affrontano problemi terapeutici, educativi, di informazione, di aiuto.
  Non voglio che nessuno ascoltando questa conversazione si senta in colpa e
  tanto meno i genitori: lo scopo è conoscere educarci ed educare. Dopo avere
  ascoltato, dipenderà da voi se decidere 
  che quello che ho detto abbia 
  un senso anche per voi. Una breve presentazione del nostro centro
  NARTH: (National Association for Research and Therapy of Homosexuality,
  contattabile al sito www.narth.com ) : abbiamo aiutato ad uscire dalla
  omosessualità  indesiderata , soprattutto
  maschile, più di mille persone e seguiamo più di cento famiglie che hanno
  figli con problemi di omosessualità. Nella clinica  che dirigo, (S.Tommaso d’Aquino, Encino, California), siamo in
  7 psicoterapeuti, riceviamo moltissime persone da tutti gli Stati Uniti e
  siamo in collegamento con altri centri che operano nello stesso senso. Narth
  è una organizzazione non-profit 
  affiancata dal  centro
  terapeutico.   Cos’è l’omosessualità: il primo concetto che diamo al
  cliente/paziente  che viene  è che non è un problema sessuale ma di
  identità di genere. L’omosessualità è solo il sintomo di un arresto dello
  sviluppo della identità di genere maschile (o femminile, nel lesbismo). I “sintomi” che i pazienti descrivono  in genere al primo incontro sono
  un’immagine negativa di sé, la difficoltà stabilire e a mantenere  una profonda intimità che non sia sessuale
  con altre persone, problemi di vergogna e molti sensi di colpa riguardo al
  fatto di essere la persona che si è.  Un primo  passo
  importante è analizzare quali sono i 4 miti gay: 1 il 10% della popolazione è gay 2. gay si nasce,  3 se si è gay lo si è per sempre 4 l’omosessualità è normale sotto ogni aspetto. Credere in 1+2+3+4 porta alla accettazione supina e
  fatalistica della propria situazione, anche quando la si vive nella
  sofferenza e nella menzogna (e ciò accade in più dell’80% dei casi). Quale è invece la realtà?  1 solo l’1-2% della popolazione sviluppa questa tendenza
  nelle società occidentali. Studi seri al riguardo hanno dimostrato per l’omosessualità
  una bassa incidenza anche in condizioni sociali favorenti e si è visto che il
  mito del 10% nasce dall’influenza del rapporto Kinsey, che essendo
  omosessuale “rinforzò”  le statistiche  piuttosto 
  che riportare dati scientifici ed aggiornati. 2. gay non si nasce: nel 1991 vi fu un grande clamore alla
  notizia della scoperta del “cervello gay” giustificazione biologica di uno
  stile di vita ma dopo 10 anni nessuno studio ha potuto confermare questa
  osservazione e neanche gli attivisti gay si basano più su questa ipotesi.  (Simon Levay: inserire breve nota bibliografica e commento
  critico allo studio) 3.Non si è gay per sempre: pullulano oggi tantissime
  storie di cambiamento che a loro volta sono state incoraggiate e incoraggiano
  come testimonianza altri nello stesso percorso. 4. Nella realtà concreta, la stragrande maggioranza delle
  persone con comportamento omosessuale soffre, anche se maschera la
  sofferenza. Invece i mass media “politically correct” modificano e gonfiano
  l’immagine dell’omosessuale, che 
  appare sempre bello, curato, in pace con se stesso, positivo, non
  erotizzato né libidinoso ma anzi equilibrato. E’invece l’eterosessuale che
  viene mostrato come insicuro e caratterizzato da tratti caratteriali e
  comportamentali negativi. Bisogna a questo punto operare una distinzione tra
  tolleranza ed approvazione. La tolleranza 
  consiste in un atteggiamento di rispetto per le scelte delle persone,
  se compatibili con  diritti umani e
  civili. Spesso è difficile orientarsi in una selva di informazioni scollegate
  tra loro. Approvazione : se ne può discutere! E’ un diritto civile
  esprimere le proprie opinioni, l’accordo o il disaccordo  a partire dalla esperienze, letture, fede
  religiosa etc. Anche voi qui presenti alla conferenza avete il diritto di
  approvare o disapprovare le mie regioni. Quindi l’atteggiamento di rispetto
  di fronte a tutte le persone non significa approvare tutte le loro scelte. Gay non equivale a omosessuale Gay è infatti una identità politica costruita attorno alla
  rivendicazione  di una preferenza
  sessuale come un diritto. I gay non parlano per tutti gli omosessuali, anzi
  osteggiano quelli che vogliono uscire da questa condizione bloccando
  l’informazione su terapie , gruppi, esperienze di cambiamento che li
  metterebbero in crisi. Omosessuale: non esiste l’omosessualità come identità
  di  genere, siamo tutti eterosessuali
  solo che, come spiego ai genitori angosciati che vengono da noi, alcuni
  eterosessuali hanno problemi di omosessualità, che si possono risolvere.
  E’una bugia della nostra società che esistano due generi sessuali, i
  cosiddetti “omo” ed “etero”, anche se paradossalmente anche alcuni capi di
  chiesa sembrano  crederlo. L’esistenza
  di una “essenza gay” è la seconda grande menzogna  della nostra società (la prima è che l’aborto non è un
  omicidio). Che esistono uomini e donne è la vera realtà e che l’identità
  sessuale è un percorso graduale di crescita è il corollario.  Una barzelletta esemplificativa: due gay vedono in strada
  una ragazza bellissima e uno dice all’altro” e’ in momenti come questi che
  vorrei essere lesbica”.   Tappe della identità sessuale maschile (non parliamo di
  quella femminile che è molto più complessa). Da 1 anno e mezzo a 3 anni:fase della identificazione di
  genere -prima fase androgina: il bambino è ancora molto unito
  alla madre e ama il padre. Può identificarsi con entrambi , non sceglie. La
  società lo spinge ad una scelta per esempio nel momento della comparsa del
  linguaggio, imparando a parlare deve dire lei per la mamma e lui per il papà,
  suo, suo, sua, etc. -seconda fase: tentativi di mascolinità e
  disindentificazione dalla  madre: il
  bambino sente di essere maschio come il padre e cerca di avvicinarsi a lui.
  Se la madre lo lascia libero ed il padre è affettuoso e lo accoglie il
  bimbo,  amando il proprio essere
  maschio, si identifica. -ferita narcisistica e distacco difensivo: se il bimbo è
  particolarmente sensibile ed il padre non lo accoglie oppure è una modello
  deludente, una persona che non si accetta 
  oppure  un violento o
  schiacciato dalla madre e non accetta il figlio, il bambino rimane ferito nel
  suo io (ferita narcisistica) e non si identifica con la mascolinità
  rappresentata dal padre. Moltissimi attivisti gay hanno una struttura psichica per
  cui, avendo subito questa ferita narcisistica si sono distaccati dallo
  sviluppo verso la mascolinità. Chi lotta per la liberazione politica dei gay
  per lo più maschera  e nega la
  sofferenza legata alla mancanza di identità di genere bloccando il desiderio
  di guarire dalla ferita narcisistica. E’ la 
  pretesa di legittimazione della cristallizzazione nella fase androgina
  , e la richiesta di imporre a tutta la società di riconoscere  come 
  questa sia “normale “ e completa. Le società primitive aiutano i
  maschi  a disidentificarsi dalla madre
  e ad entrare nella mascolinità attraverso i riti di iniziazione dove il
  ragazzo deve mostrare il suo valore. La nostra società al contrario non aiuta
  questa fase, spesso quando padre è indifferente o assente, non significativo
  come modello, e trascura il bambino che riceve una ferita narcisistica e sta
  male. Le femmine hanno meno problemi perché devono arricchire
  l’identificazione con la madre e non perderla. Per questo c’è più
  omosessualità maschile che lesbismo (in USA la proporzione è di 1 sola
  lesbica ogni 5 omosessualità maschi).  Conseguenze del distacco difensivo: il bambino”ferito”
  sviluppa una doppia via: si sente attratto dagli uomini (cerca il “padre”) ma
  allo stesso tempo ne ha paura, timore, anticipando quel senso di rifiuto o di
  distanza che ha già sperimentato. I pazienti omosessuali sono spesso pieni di
  vergogna e ansiosi, mai a loro agio con l’analista proprio per il loro
  problema di mancata identificazione, a differenza dei pazienti eterosessuali,
  che anche se con problemi sono più rilassati. Vorrei approfondire l’importanza del padre specialmente
  riguardo ai due attributi di benevolenza e forza: il bambino ha bisogno di un
  padre che possegga entrambe le qualità per disidentificarsi dalla madre , non
  basta la bontà ma anche la forza, l’autorevolezza accogliente che lascia il
  segno nel bambino. Oggi in particolare sembra mancare soprattutto la forza
  (che non è machismo) nella figura maschile. Un esempio concreto: un mio
  paziente alla domanda “com’era suo padre?” rispose lo adoravo, lo consideravo
  un santo, era buono, scherzava, faceva il pagliaccio, ma quando mia madre lo
  mandava in un angolino lui stava là e mi sono fatta l’idea che l’uomo è un
  essere debole”. Quel paziente non volle identificarsi con il padre. Dai dati
  costruiti su più di 1000 casi possiamo tracciare una “tipica famiglia
  pre-omosessuale”, la cosiddetta “classica triade relazionale”   Mß---------------àP                     B---àF M=Madre emozionalmente troppo dominante, con personalità
  forte P=Padre tranquillo, estraneo, assente oppure ostile B=bambino dal temperamento timido, introverso, sensibile,
  artistico, con forte immaginazione. F=fratello  Relazione:  MßàP
  caratterizzata da scarsa comunicazione MßàB
  relazione “speciale” (io capisco bene la mia mamma) PßàB
  antagonistico, guardingo, a disagio. Bßà
  F spesso rapporto schiacciato, antagonistico, competitivo Posso dire di non avere mai visto un paziente omosessuale
  uscire da  questo schema, non c’è mai
  quindi compresenza di  amore e
  rispetto per la autorevolezza del padre.  Se il ruolo del padre è molto importante , quello della
  madre è pure abbastanza  importante
  nella genesi della omosessualità maschile, sia nel ruolo dalla figura
  femminile  svolto come moglie, che
  come madre, che nella sua autopercezione della femminilità .Una donna che si
  stima come donna, che come moglie ha stima del marito, accettazione dei suoi
  limiti, ne cerca il consiglio, attua un importante imprinting nei confronti
  della percezione primaria della mascolinità come fatto positivo nel figlio.
  La moglie che critica in continuazione il marito, lo schiaccia, lo allontana
  o “non lo vede” agisce sulla mascolinità ma in modo negativo, influenzando in
  modo deleterio la  percezione della
  mascolinità da  parte della prole. Se
  la madre si impegna a stimare la mascolinità (verbalmente e non verbalmente),
  dimostra fiducia al marito, per esempio asseconda il bambino quando verso gli
  uno-tre anni vuole uscire dalla sua tutela e lo aiuta ad incontrare  il padre, questo facilita l’acquisizione della
  mascolinità da parte del maschietto . Un esempio : verso quella età in cui la
  maggiore mobilità del bambino attira il padre, lasciare che loro, senza
  interferenze materne,  facciano giochi
  “da maschi” è di aiuto a costituire precocemente  un approccio positivo del bambino maschio verso la mascolinità.
  Anche prestissimo, quando il bimbo è 
  ad esempio preso in braccio e buttato in aria dal papà che lo riprende
  al volo, in quel momento in cui il padre ride ed il bimbo pur sperimentando
  una forte emozione ride pure lui fidandosi del papà, il padre gli comunica,
  in modo non verbale, una caratteristica tipicamente  mascolina che cioè il pericolo può essere divertente (la madre
  di solito assiste terrorizzata a questo tipo di gioco!). Vi è inoltre una
  fisicità diversa nel tocco del papà rispetto all’abbraccio della mamma che è
  molto importante che il bambino sperimenti. In caso di mancato “aggancio” con
  la mascolinità rappresentata dal padre vi è una distorsione della percezione
  dell’essere maschio, sintetizzabile nell’espressione: il padre come mistero.
  Il bimbo,/ragazzo/uomo dice “conosco benissimo” mia madre, quello che passa
  per la sua testa, invece mio padre è un mistero, non so come la pensa, non lo
  conosco sul serio Dai 5 ai12 anni, (fase di latenza) spesso si sviluppa un
  tipico comportamento del bambino preomosessuale : anche se non è detto in
  modo matematico che poi lo sviluppi in senso sicuramente omosessuale, il
  disturbo di identità di genere nell’infanzia è altamente predittivo (75%) di
  omosessualità, bisessualità o transessualismo nell’età adulta. Questo
  comportamento è caratterizzato da scarse relazioni con i coetanei dello
  stesso sesso, spesso si tratta di un bambino che “resta a guardare dalla
  finestra”, cioè dal di fuori, in qualche modo segregato in un ambito
  “femminile”, escluso, il gioco dei coetanei maschi, che , come  il padre, sono percepiti come “mistero”. Il
  distacco difensivo (con l’anticipazione del rifiuto legato anche alla confusa
  percezione di inadeguatezza fisica, incapacità relazionale, emotiva)
  inizialmente messo in atto nei confronti del padre viene trasferito anche coi
  coetanei. Dalla fisicità del contatto maschile vi è un distacco che si  attua attraverso un non essere sportivo,
  preferire i giochi delle bambine, avere quindi atteggiamenti da
  “femminuccia”, il bimbo  vorrebbe
  imitare i maschi ma si sente debole, inadeguato, incapace, e inizia perciò ad
  ammirarli dall’esterno, con un inizio di attrazione omosessuale
  (erotizzazione della mancanza). Nessuno in genere a questo punto avvisa i
  genitori perché cerchino un aiuto, per evitare che il bambino sviluppi un
  falso è da cui sarà difficile liberarsi più tardi. Di questo percorso ho scritto in dettaglio con mia moglie
  nel 2002 un libro ricco di documentazione e di esempi concreti che ha avuto
  una accoglienza piena di interesse negli USA (sarà disponibile nella
  traduzione italiano in autunno: “Omosessualità: una guida per genitori”
  edizioni  Sugarco). Il “falso sé del bravo bambino” è caratterizzato da: -Finzione (o “azione teatrale”): il bambino frustrato
  nella relazione spontanea e gioiosa con il padre abbandona le espressioni
  genuine della sua mascolinità e sviluppa un sé costruito con la fantasia e
  “recitato”: recita la parte del bravo bambino. E a proposito di “recite”
  vorrei riportarvi un episodio raccontatami da un paziente: da bambino a
  scuola gli affidarono in una recita scolastica la parte del “padre”: tornato
  a casa si sentì redarguire dalla madre che gli disse:”torna a scuola e fatti
  dare la parte di qualcuno che parla”. Perfetta sintesi  ad 
  esemplificare la triade familiare di cui parlavamo sopra a proposito
  dell’imprinting verso la mascolinità fornito dalla famiglia, !.  -Alienazione dal corpo: eccessivo pudore nella
  fanciullezza, spesso contrapposto a esibizionismo nell’età adulta. Un
  esempio: ricorda un paziente come, 
  non sentendo di “possedere” il corpo maschile, da bambino  non si vergognava di fare il bagno in
  presenza della mamma e della zia, eppure si coprì pieno di vergogna quando
  arrivò uno zio chiamato dalla zia per sistemare un problema idraulico della
  vasca. Da adulto vi è una reazione verso questo eccesso di pudore che si
  manifesta attraverso la ricerca di corpi virili a compenso di questo “corpo
  mancante”. L’impatto dell’abuso/contatto sessuale uomo-bambino
  rispetto all’esito dell’omosessualità: nella mia esperienza 1/3 dei pazienti
  con pulsioni omosessuali ha subito abusi da parte di adulti o ragazzi più
  grandi. Particolarmente nefasto rispetto 
  agli esiti è l’effetto del mix vergogna per ciò che viene percepito come
  “anomalo”,  senso di trasgressione/  richiesta di segretezza/l’eccitazione
  o  il piacere eventualmente provato e
  la sensazione di “appagamento affettivo” sperimentato grazie al fatto che
  spesso  chi ha compiuto il gesto
  sessuale ha circuito il bambino-ragazzo facendolo oggetto  di attenzioni, regalini etc che incontrano
  un vuoto/fame psicologici di mascolinità reali.  Chi ha subito un abuso tende a perpetrarlo a sua volta,
  anche come meccanismo difensivo 
  rispetto al senso di colpa che ne consegue. E’ significativo come gli
  attivisti gay in USA cercano di fare pressione per fare abbassare l’età dei
  cosiddetti “diritti sessuali” per evitare l’accusa di abuso se non
  addirittura di pedofilia. Nell’adolescenza dai 12 anni e fino all’età adulta
  abbiamo  una fase erotica
  transizionale  caratterizzata da
  passaggi progressivi dalla sofferenza alla tensione verso un comportamento
  omosessuale vero e proprio. Segue un comportamento omosessuale spesso
  compulsivo che in realtà è un vero e proprio sintomo riparativo: la
  psichiatria cioè considera la personalità in questa fase  attraverso la metafora di una costruzione
  (da riparare, se malcostruita), quindi gli atteggiamenti omosessuali sono un
  tentativo di riparare le ferite dell’infanzia.  Solitamente questa è una buona notizia per il paziente:”tu
  stai cercando di creare il contatto che non hai avuto nell’infanzia, con tuo
  padre o coi i tuoi coetanei, ma più tu lo cerchi in un uomo buono e forte,
  meno lo trovi, perché questo tipo di uomo non cerca il contatto sessuale con
  un altro uomo. Nel mondo omosessuale trovi persone con i tuoi stessi
  problemi, alla ricerca del “simil padre”, dunque la soluzione va cercata in
  un’altra direzione, cioè nella riparazione/guarigione della ferita
  narcisistica e nel superamento reale del distacco difensivo”. Caratteristiche associate alla omosessualità maschile sono
  infatti identità di genere deficitaria legata all’arresto nello sviluppo  della identità maschile, problemi ne farsi
  valere che sfociano in una sessualizzazione della aggressività, distacco
  affettivo dagli uomini come meccanismo di anticipazione del rifiuto
  esemplificato dalla instabilità dei rapporti. Il fallimento della fedeltà
  nella coppia maschile è stato paradossalmente presentato in modo esemplare da
  due autori , una coppia gay, (Whister e Matteson ) che nel 1984,  analizzando 160 coppie gay selezionate tra
  le “migliori” nel senso della stabilità, in quanto legate da 5/10 anni, non
  fu in grado di trovare  neppure una
  coppia fedele durante il rapporto. In realtà tutti gli studi in materia
  concordano sull’alto tasso di infedeltà delle coppie gay, a riprova di una
  natura “compulsiva” dell’agito sessuale che travalica il senso fondante della
  fedeltà. Nel mondo gay la fedeltà viene liquidata e considerata “ininfluente”
  rispetto alla relazione di coppia. La ricerca della mascolinità, mai
  appagata, porta a sempre nuove esperienze, spiegabile in base all’impulso di
  cercare il vero uomo che però non può mai essere trovato in un altro
  omosessuale perché un uomo vero non fa sesso con un gay. La promiscuità e le
  relazioni statisticamente di breve durate, se non addirittura fugaci, sono
  conseguenza di uno schema che ossessivamente si ripete: innamoramento,
  delusione, infedeltà promiscuità, rottura…Un paziente esprimeva così il suo
  vissuto:”un vero uomo è quello che cerco. Ma un vero uomo cerca il corpo di
  una dona, non il mio”. Un altro paziente diceva di essere ossessionato  dall’immagine di atleti che aveva visto
  nelle docce degli spogliatoi: “vorrei essere uno di loro o possederli” Questa
  confusione rivela il vero bisogno: superare l’arresto dello sviluppo
  dell’identità maschile superando l’invidia e divenendo un vero uomo.
  Altrimenti la persona rimane come un affamato che per sfamare la sua fame di
  fronte alla vetrina di un negozio di alimentari si getta…sull’insegna! Passi da compiere:  -identificazione dei soggetti “a rischio” : bambini,
  adolescenti adulti con storie o sintomi quasi sempre purtroppo riconducibili
  a quelli descritti. -attenzione alla educazione all’identità di genere e ai
  problemi di identificazione fin dall’infanzia -attenzione ai gruppi e alle dinamiche interne (a scuola,
  nello sport, nei luoghi di aggregazione) -terapia ricostituiva e corsi per terapisti, sostegno e
  testimonianza di chi ha superato la pulsione/sintomo  omosessuale e ha rimesso in moto lo
  sviluppo della sua identità maschile. Il bisogno di testimoni è legato al fatto che molto più di
  conferenze sulla “teoria” le testimonianze personali sono quelle che più
  incoraggiano gli altri ad intraprendere il cammino.       
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