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IL COMBATTIMENTO DI GESU’

 

Combattere in senso figurato “Lottare con decisione contro qualcosa: combattere col male, con la miseria; combattere per le proprie idee, per la vittoria- Contrastare con ogni mezzo, tentare di debellare: combattere il razzismo, la noia, l’ignoranza”.

Nuovissimo Dizionario della lingua italiana - Dardano

 

Molte persone hanno di Gesù un’idea estranea alle descrizioni del Vangelo. Lo vedono infatti, grazie a certe predicazioni, sotto una luce di remissività che rasenta una sorta di pacifismo arrendevole. Ma Gesù è un combattente che lotta fino alla morte in Croce in obbedienza alla Parola del Padre. Ovviamente si tratta di un combattimento che esce dagli schemi usuali e, di conseguenza, non è appariscente.

Se leggiamo i Vangeli scopriamo alcune caratteristiche peculiari del Signore che cercherò di riassumere.

a)      Innanzitutto Gesù combatte contro le tentazioni del demonio mediante la preghiera e il digiuno.

b)      Poi lotta contro l’ignoranza e le errate interpretazioni scritturali del tempo “E Gesù rispose loro: - Voi vi ingannate, non conoscendo né le Scritture né la potenza di Dio - ” (Mt. 22,29).

c)      Persegue imperterrito nella missione affidatagli dal Padre fino alla morte di Croce “E dopo aver ricevuto l'aceto, Gesù disse: -Tutto è compiuto! -. E, chinato il capo, spirò” (Gv. 19,30).

d)      Con coraggio, nonostante gli insulti e gli ostacoli, afferma costantemente la Sua missione salvifica “Gli disse Gesù: - Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me - ” (Gv. 14,6).

e)      Lotta contro il demonio mediante gli esorcismi “La sua fama si sparse per tutta la Siria e così condussero a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guariva” (Mt. 4,24).

f)        Nelle varie fasi della Passione lotta contro ogni tipo di tentazioni diaboliche. Con un silenzio coraggioso e carismatico oppure con frasi appropriate fronteggia le autorità civili e religiose. Subisce le persecuzioni, gli insulti e le derisioni senza recedere dalla Sua missione.

g)      Muore in Croce dichiarando “tutto è compiuto”.

Il combattimento di Gesù può quindi essere riassunto nell’azione di totale obbedienza alla volontà del Padre in contrasto con il mondo che “giace sotto il potere del maligno” (1 Gv. 5,19).

Queste peculiari caratteristiche comportamentali dimostrano che Gesù, con inusuale coraggio, ha combattuto per diffondere il Vangelo e per perseguire la missione affidatagli dal Padre, alla cui obbedienza si è sempre richiamato nonostante le minacce degli empi.

Se noi confrontiamo l’atteggiamento di molti cosiddetti cristiani che per evitare noie, atteggiamenti ostili, derisioni ecc. si “sottomettono” come tanti don Abbondio alle esigenze del mondo; cosiddetti cristiani che spesso si vergognano di citare la Scrittura, di proclamarsi apertamente cristiani ci accorgiamo dell’abisso comportamentale tra il combattimento di Gesù e la vigliaccheria di molti suoi discepoli. Numerosi seguaci di Cristo non hanno neppure il coraggio di difendere nostro Signore dalle accuse, dalle avversioni, dalle derisioni, dalle dissacrazioni in quanto temono le opinioni di un mondo che “giace sotto il potere del maligno”.

Purtroppo, come ripeto, l’idea di Gesù è legata quasi esclusivamente alla fase di persecuzione fisica da Lui subita prima della Crocifissione e alla preghiera che il Signore rivolge al Padre poco prima di morire “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Lc. 23,34). Questa invocazione non significa assolutamente un assolvimento automatico delle loro colpe (come molti probabilmente credono) in quanto dev’essere meditata in sintonia con la seguente affermazione della Scrittura “Egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca, oltraggiato non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta, ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia. Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia…” (1 Pt. 2,22 seg.). Gesù, infatti, comportandosi in maniera differente dall’episodio del paralitico nel quale perdona direttamente i peccati “Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati” (Mt. 9,2), in questo caso si rivolge al Padre chiedendo il loro perdono, ma “rimettendo la sua causa a colui che giudica con giustizia”. Gesù quindi, combattendo anche oggi l’ignoranza e le cattive interpretazioni che aleggiando pure tra i cattolici, ci insegna il perdono e la giustizia.