Libri scritti da Arrigo Muscio |
LA CORREZIONE
FRATERNA [17]"Quando sentirai dalla mia bocca una parola,
tu dovrai avvertirli da parte mia. [18]Se io dico al malvagio: Tu morirai! e tu non lo
avverti e non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta perversa e
viva, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io
domanderò conto a te. [19]Ma se tu ammonisci il malvagio ed egli non si
allontana dalla sua malvagità e dalla sua perversa condotta, egli morirà per
il suo peccato, ma tu ti sarai salvato". Ez. 3,17 seg. [7]"Vedendo però molti farisei e sadducei venire
al suo battesimo, disse loro: <<Razza di vipere! Chi vi ha suggerito di
sottrarvi all'ira imminente? [8]Fate dunque frutti degni di conversione…." Mt. 3,7 seg. [3]"Erode aveva arrestato Giovanni e lo aveva
fatto incatenare e gettare in prigione per causa di Erodìade,
moglie di Filippo suo fratello. [4]Giovanni infatti gli diceva: - Non ti è lecito
tenerla!". Mt. 14,3 [24]"Non giudicate secondo le apparenze, ma
giudicate con giusto giudizio!". Gv. 7,24 [14]"Ora quando vidi che non si comportavano
rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a Cefa
in presenza di tutti: <<Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non
alla maniera dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera
dei Giudei?" Gal. 2,14 [10]"Dopo una o due ammonizioni sta lontano
da chi è fazioso, [11]ben sapendo
che è gente ormai fuori strada e che continua a peccare condannandosi da se stessa". Tito 3,10 Il «prestare
attenzione» al fratello comprende altresì la premura per il suo bene
spirituale. E qui desidero richiamare un aspetto della vita cristiana che mi
pare caduto in oblio: la correzione fraterna in vista della salvezza eterna. Oggi,
in generale, si è assai sensibili al discorso della cura e della carità per
il bene fisico e materiale degli altri, ma si tace quasi del tutto sulla
responsabilità spirituale verso i fratelli. Non così nella Chiesa dei primi
tempi e nelle comunità veramente mature nella fede, in cui ci si prende a
cuore non solo la salute corporale del fratello, ma anche quella della sua
anima per il suo destino ultimo. Nella Sacra Scrittura leggiamo: «Rimprovera
il saggio ed egli ti sarà grato. Dà consigli al saggio e diventerà ancora più
saggio; istruisci il giusto ed egli aumenterà il sapere» (Pr 9,8s). Cristo stesso comanda di
riprendere il fratello che sta commettendo un peccato (cfr
Mt 18,15). Il verbo usato per
definire la correzione fraterna - elenchein - è il medesimo
che indica la missione profetica di denuncia propria dei cristiani verso una
generazione che indulge al male (cfr Ef 5,11).
La tradizione della Chiesa ha annoverato tra le opere di misericordia
spirituale quella di «ammonire i peccatori». E’ importante recuperare questa
dimensione della carità cristiana. Non bisogna tacere di fronte al male.
Penso qui all’atteggiamento di quei cristiani che, per rispetto umano o per
semplice comodità, si adeguano alla mentalità comune, piuttosto che mettere
in guardia i propri fratelli dai modi di pensare e di agire che contraddicono
la verità e non seguono la via del bene. Il rimprovero cristiano, però, non è
mai animato da spirito di condanna o recrimina-zione; è mosso sempre
dall’amore e dalla misericordia e sgorga da vera sollecitudine per il bene
del fratello. L’apostolo Paolo afferma: «Se uno viene sorpreso in qualche
colpa, voi che avete lo Spirito correggetelo con spirito di dolcezza. E tu
vigila su te stesso, per non essere tentato anche tu» (Gal 6,1). Nel nostro mondo
impregnato di individualismo, è necessario riscoprire l’importanza della
correzione fraterna, per camminare insieme verso la santità. Persino «il
giusto cade sette volte» (Pr
24,16), dice la Scrittura, e noi tutti siamo deboli e manchevoli (cfr 1 Gv 1,8). E’ un grande servizio quindi aiutare e
lasciarsi aiutare a leggere con verità se stessi, per migliorare la propria
vita e camminare più rettamente nella via del Signore. C’è sempre bisogno di
uno sguardo che ama e corregge, che conosce e riconosce, che discerne e
perdona (cfr Lc
22,61), come ha fatto e fa Dio con ciascuno di noi. Benedetto XVI http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/messages/lent/documents/hf_ben-xvi_mes_20111103_lent-2012_it.html Vi sono molti, in seno anche alla chiesa, che utilizzano le parole di Gesù "Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati. Perché osservi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell'occhio tuo c'è la trave? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello…" (Mt. 7,1 seg.) per stroncare qualunque giudizio in merito alla stigmatizzazione di certi comportamenti, soprattutto pubblici, in aperta violazione dei comandamenti di Dio. Costoro però ignorano, o fingono di ignorare, le altre parole della Sacra Scrittura, riportate in premessa, che invece invitano ad un giusto giudizio ed alla correzione fraterna a dimostrazione del dovere, voluto da Dio, da parte di ogni vero cristiano, in virtù del sacerdozio regale di Cristo (se laico) e del sacerdozio consacrato (se sacerdote), di stigmatizzare il peccato rispettando il peccatore e di invitare il fratello che pecca a non continuare nella sua opera. Ciò che Gesù non vuole è, invece, un giudizio sommario, superficiale, frutto spesso di mormorazione, o basato su una convinta superiorità nei confronti degli altri fratelli, come ad esempio il giudizio del fariseo nei confronti del pubblicano "Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore" (Lc. 18,10). Valgono infatti per tutti le parole del Signore "Non chiamare in giudizio il tuo servo: nessun vivente davanti a te è giusto" (Sal.143,2). Se così non fosse non avremmo confessori, giudici, genitori, professori, educatori, dirigenti, ecc.: tutte persone destinate comunque a giudicare "…con giusto giudizio…" (Gv. 7,24). E' chiaro che come giudicheranno saranno a loro volta giudicati da Dio! La correzione fraterna che tutti siamo reciprocamente invitati ad esercitare, dev'essere necessariamente finalizzata alla conversione del peccatore; deve mostrare il contrasto di certi atteggiamenti con l'eterna Parola di Dio e costituisce un atto di essenziale carità verso il prossimo in quanto lo stimola ad evitare quella continuità di comportamenti che conducono, secondo la Sacra Scrittura, alla rovina eterna. Far credere che certe condotte siano invece lecite (Gen. 3,1) costituisce un peccato, ispirato dal diavolo, contro lo Spirito Santo con tutte le conseguenze che ne derivano. Certe ammonizioni "burbere" del Beato padre Pio erano finalizzate, sull'esempio di Giovanni Battista (del quale Gesù ha detto: "In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista" - Mt. 11,11), all'immediata cessazione della condotta peccaminosa. Padre Pio non aveva certo timore a biasimare certi atteggiamenti antitetici all'eterna Parola di Dio ed a volte rifiutava l'assoluzione finché non era sicuro del sincero pentimento del penitente. Non lo stimolava di certo a continuare nella sua condotta perversa incoraggiandolo a ritenerla lecita. Purtroppo l'interpretazione diabolica del "Non giudicate" sta impedendo la stigmatizzazione pubblica di certi comportamenti in modo da farli ritenere invece leciti da quanti insistono ad ignorare la Parola di Dio, in base alla quale tutti saremmo giudicati, volenti o nolenti. |