La nullità della carica di pontefice
per coloro che, prima dell’elezione, sono caduti
nell’eresia e la decadenza di chi in seguito è diventato eretico.
Credo sia indispensabile
riportare alcuni punti fondamentali della bolla pontificia del papa Paolo IV
con valore ab eterno “Pertanto, a nessun uomo sia lecito infrangere questo
foglio di nostra approvazione, innovazione, sanzione, statuto, derogazione,
volontà e decreto, né contraddirlo con temeraria audacia. Che se qualcuno
avesse la presunzione d’attentarvisi, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio
Onnipotente e dei suoi Beati Apostoli Pietro e Paolo” (cap. 10).
Poiché tale bolla
pontificia non può essere eliminata allora viene “occultata”. Alzi la mano chi
l’ha letta o ne ha sentito parlare! Perché si tratta di una bolla fondamentale
per combattere l’eresia da chiunque espressa. Non solo ma udite, udite “Aggiungiamo
che, se mai dovesse accadere in qualche tempo che un vescovo, anche se
agisce in qualità di arcivescovo o di patriarca o primate od un cardinale di
Romana Chiesa, come detto, od un legato, oppure lo stesso Romano Pontefice, che
prima della sua promozione a cardinale od alla sua elevazione a Romano
Pontefice, avesse deviato dalla fede cattolica o fosse caduto in qualche eresia
(o fosse incorso in uno scisma o abbia questo suscitato), sia nulla, non valida
e senza alcun valore, la sua promozione od elevazione, anche se avvenuta con la
concordanza e l’unanime consenso di tutti i cardinali; neppure si potrà dire che essa è convalidata
col ricevimento della carica, della consacrazione o del possesso o quasi
possesso susseguente del governo e dell’amministrazione, ovvero per
l’intronizzazione o adorazione dello stesso Romano Pontefice o per l’obbedienza
lui prestata da tutti e per il decorso di qualsiasi durata di tempo nel detto
esercizio della sua carica, né essa potrebbe in alcuna sua parte essere
ritenuta legittima, e si giudichi aver attribuito od attribuire una facoltà
nulla, per amministrare a tali persone promosse come vescovi od arcivescovi o
patriarchi o primati od assunte come cardinali o come Romano Pontefice, in cose
spirituali o temporali; ma difettino
di qualsiasi forza tutte e ciascuna di qualsivoglia loro parola, azione, opera
di amministrazione o ad esse conseguenti, non possano conferire nessuna
fermezza di diritto, e le persone stesse che fossero state così promosse od
elevate, siano per il fatto stesso e senza bisogno di una ulteriore
dichiarazione, private di ogni dignità, posto, onore, titolo, autorità, carica
e potere”.
Questa dichiarazione papale con valore ab eterno pone un quesito
fondamentale e terribile. L’elezione dei papi, che prima della loro elezione al
soglio pontificio “avesse deviato
dalla fede cattolica o fosse caduto in qualche eresia” è nulla, con tutte le conseguenze riportate nella bolla
pontificia al cap. 6 e 7. Pensiamo ad esempio al papa/i massoni, che prima
dell’elezione al soglio pontificio appartenevano alla massoneria, riprovata
dalla Chiesa in numerosi documenti ai cui rimandiamo gli interessati per
migliori approfondimenti……
Ma se un papa diventa
eretico a posteriori che succede? Ecco la risposta di don Anthony Cekada
“Perdita
dell'ufficio papale
Teologi e canonisti come San Roberto Bellarmino (1542-1621), il Gaetano, (1468-1533), Francisco Suarez (1548-1617), Tomàs
de Torquemada (1420-1498), Wernz e Vidal ritengono, senza compromettere la
dottrina dell'infallibilità pontificia, che anche un papa (come individuo,
chiaramente) che diventa eretico perde il pontificato.
Inoltre, alcuni di questi
autori sostengono che un papa può divenire scismatico.
Ad esempio, nel suo grande trattato sul Romano Pontefice, San Roberto Bellarmino pone la questione: «Se un papa eretico possa essere
deposto». Da notare in primo luogo che la sua domanda presume che un papa
può diventare eretico. Dopo una lunga discussione, Bellarmino
conclude: «Un papa che è
eretico manifesto cessa (per se) automaticamente di essere papa e di comandare,
così come cessa automaticamente di essere un cristiano e un membro della
Chiesa. Quindi, egli può essere giudicato e punito dalla Chiesa. Questo è l'insegnamento di
tutti gli antichi Padri che
insegnano che gli eretici manifesti perdono immediatamente qualsiasi
giurisdizione» 13.
Per sostenere la sua
posizione, Bellarmino cita diversi passi di Cipriano, di Ioannes
Driedonus e
di Melchior Cano (1509-1560).
La base di questo insegnamento, conclude il Santo, è che un eretico manifesto
non può essere in alcun modo membro della Chiesa, né per mezzo della sua anima,
né per mezzo del suo corpo, né tramite un'unione interna, né attraverso
un'unione esterna. Dopo il Bellarmino, altri eminenti
canonisti e teologi hanno sostenuto in maniera simile questa posizione.
Lo Ius
Canonicum di
Wernz e Vidal, un'opera in otto volumi ripubblicata
nel 1943, che forse è il commentario più tenuto in considerazione dal Codice di
Diritto canonico del 1917, afferma: «Attraverso
la divulgazione aperta dell'eresia, per via di questo fatto (ipso facto), si
ritiene che il Romano Pontefice caduto nell'errore debba essere privato del
potere di giurisdizione anche prima di qualsiasi sentenza di accertamento da
parte della Chiesa [...]. Un papa che è caduto nell'eresia
pubblica cesserebbe ipso
facto di essere un membro della Chiesa; perciò, egli cesserebbe anche di essere
il capo della Chiesa» 14.
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I canonisti post-conciliari
La possibilità che un papa
possa divenire eretico e possa quindi perdere il suo ufficio è riconosciuta
anche da un autorevole commento al nuovo Codice di Diritto canonico del 1983: «I canonisti classici discussero la
questione se un papa, nelle sue opinioni private o personali, potesse cadere
nell'eresia, nell'apostasia o nello scisma. Se egli vi fosse caduto in maniera
pubblica e manifesta, avrebbe perso la comunione, e secondo un'opinione
accettata, avrebbe perso ipso facto anche il suo ufficio 15. Poiché nessuno può
giudicare il papa (Canone 1404), nessuno potrebbe deporre un papa per tali
crimini, e gli autori sono in disaccordo tra loro su come la perdita del suo ufficio
dev'essere dichiarata in modo tale che un posto vacante possa essere occupato
da una nuova elezione» 16.
E dunque, il principio
secondo cui un papa eretico può perdere automaticamente il suo ufficio è
ammesso da una grande varietà di canonisti e di teologi cattolici.
Papa Innocenzo III e
Papa Paolo IV
Anche i Papi hanno
sollevato la possibilità che un eretico possa finire in qualche modo sul trono
di Pietro. Papa
Innocenzo III (1198–1216),
uno dei campioni più forti dell'autorità pontificia nella storia del papato,
insegna: «Nondimeno, il Romano Pontefice non deve vantarsi, perché può
essere giudicato dagli uomini, o piuttosto, può essere chiamato in giudizio, se
puzza manifestamente di eresia. Perché colui che non crede è già giudicato» 17.
Durante il tempo della
rivolta protestante, Papa
Paolo IV (1555–1559), un
altro vigoroso difensore dei diritti del papato, sospettava che uno dei
Cardinali che aveva buone possibilità di essere eletto papa nel prossimo
conclave fosse in segreto un eretico. Perciò, il 16 febbraio 1559,
egli pubblicò la Bolla Cum ex Apostolatus
Officio. Il Pontefice decretò che se mai dovesse succedere che qualcuno che
venisse eletto papa avendo in anticipo «di
aver deviato dalla fede, o di essere caduto in qualche eresia», la sua elezione, anche se fosse
avvenuta con l'accordo e il consenso unanime di tutti i Cardinali, sarebbe «nulla, non valida e senza alcun valore» («nulla, irrita et inanis existat»). Paolo IV
decretò che tutti i successivi atti, leggi e nomine di tale papa invalidamente
eletto siano prive «di
qualsiasi forza ("viribus careant")
tutte e ciascuna ("omnia et singula") di
qualsivoglia loro parola, azione, opera di amministrazione o ad esse
conseguenti, non possano conferire nessuna fermezza di diritto ("nullam prorsus firmitatem nec ius")».
Inoltre, egli ordinò che
tutti coloro che fossero nominati ad uffici ecclesiastici da tale papa «siano per il fatto stesso ("eo ipso") e senza bisogno di una ulteriore
dichiarazione ("absque aliqua
desuper facienda declaratione"), private ("sint
privati") di ogni dignità, posto, onore, titolo, autorità, carica e potere
("auctoritate, officio et potestate")».
Quindi, la possibilità di cadere nell'eresia, è una concomitante mancanza di
autorità da parte di un individuo che sembra essere il papa, non è affatto
forzata, ma è fondata sull'insegnamento di almeno due Papi”.
don Anthony Cekada http://www.crisinellachiesa.it/articoli/autorita/tradizionalisti_infallibilita_papa/i_tradizionalisti_l_infallibilita_e_il_papa.htm#1
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2
– Approvazione e rinnovo delle pene precedenti contro gli eretici.
Dopo approfondito esame di tale questione con i nostri
venerabili fratelli i Cardinali di Santa Romana Chiesa, con il loro parere ed
unanime consenso, Noi, con Apostolica autorità, approviamo e rinnoviamo tutte e
ciascuna, le sentenze, censure e pene di scomunica, sospensione, interdizione e
privazione, in qualsiasi modo proferite e promulgate contro gli eretici e gli
scismatici da qualsiasi dei Romani Pontefici, nostri predecessori o esistenti
in nome loro, comprese le loro lettere non collezionate, ovvero dai sacri
concili ricevute dalla Chiesa di Dio, o dai decreti dei Santi Padri, o dei
sacri canoni, o dalle Costituzioni ed Ordinamenti Apostolici, e vogliamo e
decretiamo che essi siano in perpetuo osservati e che si torni alla loro
vigente osservanza ove essa sia per caso in disuso, ma doveva essere vigenti;
inoltre che incorrano nelle predette sentenze, censure e pene tutti coloro che
siano stati, fino ad ora, sorpresi sul fatto o abbiano confessato o siano stati
convinti o di aver deviato dalla fede, o di essere caduti in qualche eresia, od
incorsi in uno scisma, per averli promossi o commessi, di qualunque stato,
grado, ordine, condizione e preminenza essi godano, anche se episcopale,
arciepiscopale, primaziale o di altra maggiore dignità quale l’onore del
cardinalato o l’incarico della legazione della Sede Apostolica in qualsiasi
luogo, sia perpetua che temporanea; quanto che risplenda con l’autorità e
l’eccellenza mondana quale la comitale, la baronale, la marchionale, la ducale,
la regia o imperiale
3
– Sulle pene da imporre alla gerarchia deviata dalla fede.
Legge e definizione dottrinale: privazione ipso facto delle cariche
ecclesiastiche. Considerando non di meno che coloro i quali non si
astengono dal male per amore della virtù, meritano di essere distolti per
timore delle pene e che i vescovi, arcivescovi, patriarchi, primati, cardinali,
legati, conti, baroni, marchesi, duchi, re ed imperatori, i quali debbono
istruire gli altri e dare loro il buon esempio per conservarli nella fede
cattolica, prevaricando peccano più gravemente degli altri in quanto dannano
non solo se stessi, ma trascinano con se alla perdizione nell’abisso della
morte altri innumerevoli popoli affidati alla loro cura o governo, o in altro
modo a loro sottomessi; Noi, su simile avviso ed assenso (dei cardinali) con
questa nostra Costituzione valida in perpetuo, in odio a così grave crimine, in
rapporto al quale nessun altro può essere più grave e pernicioso nella Chiesa
di Dio, nella pienezza della Apostolica potestà, sanzioniamo, stabiliamo,
decretiamo e definiamo, che permangano nella loro forza ed efficacia le
predette sentenze, censure e pene e producano i loro effetti, per tutti e
ciascuno dei vescovi, arcivescovi, patriarchi, primati, cardinali, legati,
conti, baroni, marchesi, duchi, re ed imperatori i quali, come prima è stato
stabilito fino ad oggi, siano stati colti sul fatto, o abbiano confessato o ne
siano stati convinti per aver deviato dalla fede o siano caduti in eresia o
siano incorsi in uno scisma per averlo promosso o commesso, oppure quelli che
nel futuro, siano colti sul fatto per aver deviato dalla fede o per esser
caduti in eresia o incorsi in uno scisma, per averlo suscitato o commesso,
tanto se lo confesseranno come se ne saranno stati convinti, poiché tali
crimini li rendono più inescusabili degli altri, oltre le sentenze, censure e
pene suddette, essi siano anche, per il fatto stesso e senza bisogno di alcuna
altra procedura di diritto o di fatto, interamente e totalmente privati in
perpetuo dei loro Ordini, delle loro chiese cattedrali, anche metropolitane,
patriarcali e primaziali, della loro dignità cardinalizia e di ogni incarico di
Legato, come pure di ogni voce attiva e passiva e di ogni autorità, nonché‚ di
monasteri, benefici ed uffici ecclesiastici con o senza cura di anime, siano
essi secolari o regolari di qualunque ordine che avessero ottenuto per
qualsiasi concessione o dispensa Apostolica, o altre come titolari,
commendatari, amministratori od in qualunque altra maniera e nei quali
beneficiassero di qualche diritto, benché‚ saranno parimenti privati di tutti i
frutti, rendite e proventi annuali a loro riservati ed assegnati, anche contee,
baronie, marchesati, ducati, regni ed imperi; inoltre, tutti costoro saranno
considerati come inabili ed incapaci a tali funzioni come dei relapsi e dei
sovversivi in tutto e per tutto, per cui, anche se prima abiurassero in pubblico
giudizio tali eresie, mai ed in nessun momento potranno essere restituiti,
rimessi, reintegrati e riabilitati nel loro primitivo stato nelle chiese
cattedrali, metropolitane, patriarcali e primaziali o nella dignità del
Cardinalato od in qualsiasi altra dignità maggiore o minore, nella loro voce
attiva o passiva, nella loro autorità, nei loro monasteri e benefici ossia
nella loro contea, baronia, marchesato, ducato, regno ed impero; al contrario,
siano abbandonati all’arbitrio del potere secolare che rivendichi il diritto di
punirli, a meno che mostrando i segni di un vero pentimento ed i frutti di una
dovuta penitenza, per la benignità e la clemenza della stessa Sede, non siano
relegati in qualche monastero od altro luogo soggetto a regola per darsi a
perpetua penitenza con il pane del dolore e l’acqua dell’afflizione. Essi
saranno considerati come tali da tutti, di qualunque stato, grado, condizione e
preminenza siano e di qualunque dignità anche episcopale, arciepiscopale,
patriarcale, primaziale o altra maggiore ecclesiastica anche cardinalizia,
ovvero che siano rivestiti di qualsiasi autorità ed eccellenza secolare, come
la comitale, la baronale, la marchionale, la ducale, la regale e l’imperiale, e
come persone di tale specie dovranno essere evitate ed escluse da ogni umana
consolazione.
6 – Nullità della giurisdizione
ordinaria e pontificale in tutti gli eretici.
Aggiungiamo che, se mai dovesse accadere in qualche tempo che un
vescovo, anche se agisce in qualità di arcivescovo o di patriarca o primate od
un cardinale di Romana Chiesa, come detto, od un legato, oppure lo stesso
Romano Pontefice, che prima della sua promozione a cardinale od alla sua
elevazione a Romano Pontefice, avesse deviato dalla fede cattolica o fosse
caduto in qualche eresia (o fosse incorso in uno scisma o abbia questo
suscitato), sia nulla, non valida e senza alcun valore, la sua promozione od
elevazione, anche se avvenuta con la concordanza e l’unanime consenso di tutti
i cardinali; neppure si potrà dire che essa è convalidata col ricevimento della
carica, della consacrazione o del possesso o quasi possesso susseguente del
governo e dell’amministrazione, ovvero per l’intronizzazione o adorazione dello
stesso Romano Pontefice o per l’obbedienza lui prestata da tutti e per il
decorso di qualsiasi durata di tempo nel detto esercizio della sua carica, né
essa potrebbe in alcuna sua parte essere ritenuta legittima, e si giudichi aver
attribuito od attribuire una facoltà nulla, per amministrare a tali persone
promosse come vescovi od arcivescovi o patriarchi o primati od assunte come
cardinali o come Romano Pontefice, in cose spirituali o temporali; ma difettino
di qualsiasi forza tutte e ciascuna di qualsivoglia loro parola, azione, opera
di amministrazione o ad esse conseguenti, non possano conferire nessuna
fermezza di diritto, e le persone stesse che fossero state così promosse od
elevate, siano per il fatto stesso e senza bisogno di una ulteriore
dichiarazione, private di ogni dignità, posto, onore, titolo, autorità, carica e
potere.
7
– La liceità delle persone subordinate di recedere impunemente dall’obbedienza
e devozione alle autorità deviate dalla fede.
E sia lecito a tutte ed a ciascuna delle persone subordinate a
coloro che siano stati in tal modo promossi od elevati, ove non abbiano
precedentemente deviato dalla fede, né siano state eretiche e non siano incorse
in uno scisma o questo abbiano provocato o commesso, e tanto ai chierici
secolari e regolari così come ai laici come pure ai cardinali, compresi quelli
che avessero partecipato all’elezione di un Pontefice che in precedenza aveva
deviato dalla fede o fosse eretico o scismatico o avesse aderito ad altre
dottrine, anche se gli avessero prestato obbedienza e lo avessero adorato e
così pure ai castellani, ai prefetti, ai capitani e funzionari, compresi quelli
della nostra alma Urbe e di tutto lo Stato Ecclesiastico, anche quelli
obbligati e vincolati a coloro così promossi od elevati per vassallaggio o
giuramento o per cauzione, sia lecito ritenersi in qualsiasi tempo ed
impunemente liberati dalla obbedienza e devozione verso quelli in tal modo
promossi ed elevati, evitandoli quali maghi, pagani, pubblicani ed eresiarchi,
fermo tuttavia da parte di queste medesime persone sottoposte, l’obbligo di
fedeltà e di obbedienza da prestarsi ai futuri vescovi, arcivescovi,
patriarchi, primati, cardinali e Romano Pontefice canonicamente subentranti [ai
deviati]. Ed a maggior confusione di quelli in tale modo promossi ed
elevati, ove pretendano di continuare l’amministrazione, sia lecito richiedere
l’aiuto del braccio secolare, né per questo, coloro che si sottraggono alla
fedeltà ed all’obbedienza verso quelli che fossero stati nel modo già detto
promossi ed elevati, siano soggetti ad alcuna di quelle censure e punizioni
comminate a quanti vorrebbero scindere la tunica del Signore
10
– Illiceità degli Atti contrari e sanzioni penali e divine
Pertanto, a nessun uomo sia lecito infrangere questo foglio di
nostra approvazione, innovazione, sanzione, statuto, derogazione, volontà e
decreto, né contraddirlo con temeraria audacia. Che se qualcuno avesse la
presunzione d’attentarvisi, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio
Onnipotente e dei suoi Beati Apostoli Pietro e Paolo.
Data a Roma, in San Pietro, nell’anno 1559 dall’Incarnazione del
Signore, il giorno 15 marzo, IV anno del Nostro Pontificato.
† IO PAOLO
VESCOVO DELLA CHIESA CATTOLICA
† Io Giovanni Bellaio, Vescovo d’Ostia
† Io R. Card. di Carpo, Vescovo di
Porto e Santa Ruffina
† Io F. Card. Pisano, Vescovo di
Tuscolo
† Io Fed. Card. Cesio, Vescovo di
Palestrina
† Io P. Card. Vescovo di Albano
† Io R. Card. di Sant’Angelo
Penitenziere Maggiore
† Io T. Card. Crispo
† Io Fulvio Card. di Perugia
† Io Michele Card. Saraceno
† Io Giovanni Card. di San Vitale
† Io Giovanni Card. Pozzo
† Io Gerolamo, Card. di Imola
† Io B. Card. di Trani
† Io Diomede, Card. d’Ariano
† Io Scipione, Card. di Pisa
† Io Card. Reumano
† Io Antonio, Card. di San Pancrazio
† Io Taddeo, Card. Gaddo
† Io Virgilio Card. di Spoleto
† Io F. Michele Card. Alessandrino
† Io Clemente Moniliano,
Card. di Santa Maria in Ara Coeli
† Io G. Asc.,
Diacono Card. Camerario (Camerlengo)
† Io N., Card. di Sermoneta
† Io Giacomo Card. Sabello
† Io Gerolamo, Card. di San Giorgio
† Io Innocenzo, Card. del Monte
† Io Luigi, Card. Cornelio
† Io Carlo, Card. Carafa
† Io Alfonso, Card. di Napoli
† Io Vitellio,
Card. Vitelli
† Io Giovanni Battista, Card.
consigliere.